Il Tribunale di Roma, inserendosi nel solco di numerose decisioni conformi accoglie il ricorso presentato dall’Ufficio Legale Nazionale della UIL Scuola rappresentata e difesa in giudizio dall’avvocato Domenico Naso, e condanna il Ministero al risarcimento del danno conseguente alla mancata assegnazione dell’incarico di supplenza da GPS.
“Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni ulteriore istanza, deduzione ed eccezione disattesa: in accoglimento del ricorso, condanna il Ministero convenuto al risarcimento del danno in favore della ricorrente liquidato nella somma di € 16.642,31, oltre la maggior somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria dalla maturazione al soddisfo; condanna il Ministero convenuto a riconoscere a parte ricorrente il punteggio complessivo di 12 punti per l’incarico di supplenza che avrebbe dovuto espletare ai fini del successivo aggiornamento delle graduatorie di cui all’ordinanza ministeriale n. 112/2022”
Il Tribunale rileva che, come già affermato da altre pronunce rese da questo Ufficio in fattispecie analoghe ( v. sentenza n. 1463/2023 del 10/2/2023 e sentenza n.1505/2023 del 14/2/2023), non può dubitarsi dell’esistenza di un nesso causale fra l’inadempimento datoriale ed il danno patrimoniale lamentato dalla ricorrente, essendo presumibile con sufficiente grado di certezza che, in assenza della condotta illegittima dell’Amministrazione, la ricorrente avrebbe conseguito l’incarico di supplenza sino al termine delle attività didattiche e le relative retribuzioni, anche in considerazione del fatto che l’attribuzione del bene al quale la medesima aspirava era la risultante dell’applicazione di criteri fissi e predeterminati ai quali l’Amministrazione aveva vincolato la propria discrezionalità.
Osserva, inoltre, il Tribunale che la Suprema Corte, in ipotesi di violazione del diritto di prelazione nell’assunzione, ossia in fattispecie e analoga nei suoi tratti essenziali a quella in esame, ha affermato che l’inadempimento del debitore-datore di lavoro, perfezionato con l’assunzione di soggetto diverso rispetto all’avente diritto ricorrente, costituisce fonte di responsabilità risarcitoria con conseguente obbligo di risarcire il relativo pregiudizio economico parametrabile a quanto il lavoratore avrebbe percepito ove fosse stato legittimamente assunto spettando, invece, al debitore- datore di lavoro l’onere di provare i fatti riduttivi del diritto al risarcimento, ivi compresi quelli che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, dal momento che tale prova, ai sensi dell’art. 2697 c.c., compete al debitore che pretende di non risarcire in tutto o in parte, in quanto eccezione diretta a far valere un fatto idoneo a paralizzare l’azione risarcitoria del creditore (v. Cass.14/5/2020, n. 11737).
L’Amministrazione era tenuta ad applicare criteri fissi e predeterminati, che non lasciavano alcun margine per valutazioni discrezionali, una volta acclarato che la ricorrente aveva un punteggio superiore a candidata nominata per il posto dalla medesima richiesto, può considerarsi provato, con il necessario grado di certezza proprio della ricostruzione ipotetica di un evento mancato e sulla base sulla base di criteri giuridico-convenzionali attinenti al riparto degli oneri probatori, che, ove l’Amministrazione avesse correttamente operato, osservando i comportamenti dovuti, la ricorrente avrebbe conseguito l’incarico richiesto, non risultando, d’altro canto, provati fatti idonei ad impedire l’effetto perseguito, tra i quali, ad es., il manifestarsi di una qualche ragione di preferenza a favore di concorrenti che la seguono nella graduatoria.”
Al riguardo, rileva il Tribunale che la giurisprudenza della Suprema Corte (v. Cass. 9/1/ 2019, n. 268, nonché, in tema di promozioni interne, Cass. 22/10/ 2019, n. 26966), a fronte di procedure selettive nel rapporto di lavoro, riconosce, a chi si dolga della violazione delle regole che il datore è tenuto ad osservare, sia la pretesa all’adempimento, sia quella al risarcimento del danno, quest’ultima esercitabile anche in forma specifica, essendo da tempo pacifico che tale rimedio sia parimenti ammesso in ambito di inadempimento di obbligazioni e dunque di responsabilità contrattuale (v. Cass. 2/7/ 2010, n. 15726; Cass. 30/7/2004, n. 3004);