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Contratti di Locazione – Covid-19 Emergenza

Gli effetti delle misure cd. di lockdown connesse all’emergenza sanitaria da COVID-19 sull’esecuzione dei contratti di locazione ad uso non abitativo

A seguito dell’emergenza sanitaria da COVID-19 (cd. Coronavirus), che ha colpito il nostro Paese, il Governo ha adottato una serie di misure volte a contrastare, prevenire e contenere la diffusione del virus ed il rischio di contagio.

Tra le varie misure cd. di lockdown applicate in Italia, va annoverata la sospensione delle attività produttive industriali e commerciali, incluse quelle al dettaglio, fatte salve le attività considerate essenziali, tassativamente elencate dalla legge (cfr. DPCM 11 marzo 2020 e relativi Allegati 1 e 2; DPCM 22 marzo 2020 e relativo Allegato 1).

I provvedimenti restrittivi adottati ci hanno indotto a riflettere sulle possibili ricadute che la sospensione/chiusura delle attività produttive e commerciali, cd. non essenziali, può generare sull’esecuzione dei contratti di locazione ad uso non abitativo, di cui alla Legge n. 392/1978. 

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Il Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020 (c.d. “Cura Italia”), recante misure di potenziamento del servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, con specifico riferimento agli esercenti di attività di impresa che conducono in locazione immobili rientranti nella categoria catastale C1 (negozi e botteghe), all’articolo 65, comma 1, ha riconosciuto un credito d’imposta nella misura del 60% dell’ammontare del canone di locazione del mese di marzo 2020. 

Il credito d’imposta è già utilizzabile in compensazione a decorrere dal 25 marzo 2020, secondo le modalità precisate nella Risoluzione n. 13/E dell’Agenzia delle Entrate del 20 marzo 2020. 

Tuttavia, fatta salva la possibilità per alcune specifiche attività di usufruire del credito di imposta di cui all’art. 65, DL. n. 18/2020, poiché le misure restrittive adottate impediscono, di fatto, al conduttore di fruire dei locali detenuti in locazione per lo svolgimento delle attività, i conduttori si interrogano sulle possibili soluzioni da intraprendere: la sospensione del pagamento del canone di locazione ovvero la riduzione del canone originariamente concordato o, ancora, cessazione/risoluzione del contratto.

 

  • Il cd. factum principis e la disciplina legale e contrattuale

 

In linea generale si evidenzia che l’attuale situazione emergenziale e le misure adottate per contenerla costituiscono un’ipotesi tipica di esonero da responsabilità per i locatori per quanto riguarda l’obbligo su di essi gravante di garantire il pacifico godimento dell’immobile locato, in quanto il cd. factum principis si sostanzia, nel caso in esame, in un ordine dell’autorità sopravvenuto e non prevedibile, a cui non si può resistere e che non è imputabile alla responsabilità del soggetto a cui tale ordine è indirizzato. 

Pertanto, la risposta agli interrogativi di cui sopra non può prescindere, innanzitutto, dall’analisi delle disposizioni contrattuali, concordate dalle parti, qualora le stesse abbiano inserito clausole che qualifichino la cd. “forza maggiore”, disciplinandone le conseguenze, ovvero che impongano alle parti di rinegoziare il contratto di locazione ove, in costanza di rapporto, diventi per il conduttore eccessivamente oneroso continuare a dar seguito al medesimo alle condizioni ivi stabilite.

In assenza di clausole contrattuali specifiche concordate dalle parti ovvero ad integrazione delle stesse, sarà, quindi, necessario far ricorso ai rimedi previsti dalla legge, individuando le disposizioni normative applicabili alla situazione contingente, eccezionale ed imprevedibile che è scaturita dalla pandemia.

Poiché non è ravvisabile, nel nostro ordinamento, una previsione che disciplini le singole ipotesi di forza maggiore, nel caso in cui manchi una specifica disciplina contrattuale, si farà ricorso all’applicazione delle regole sull’impossibilità sopravvenuta della prestazione (ex art. 1256, 1463 e 1464 cod. civ.) o sulla risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta (ex art. 1467 cod. civ.). 

 

  • Sulla sospensione o dilazione del pagamento del canone ovvero  riduzione dell’importo del canone 

 

Sulla legittimità del comportamento del conduttore che, a fronte della situazione contingente, provveda unilateralmente a comunicare al locatore la sospensione del pagamento del canone o la corresponsione di un canone di locazione in misura ridotta rispetto a quello contrattualmente convenuto, si sollevano dubbi, posto che secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza, la sospensione del pagamento del canone resta ingiustificata ogni qual volta il conduttore rimanga nel godimento del bene, benché tale godimento risulti modificato, ma non del tutto escluso in funzione della destinazione economica del bene, a tal fine si evidenzia che i locali mantengono pur sempre un certo grado di utilità per il conduttore, se non altro al solo fine di deposito delle merci, macchinari, arredo ecc.

Semmai, il conduttore, potrebbe avvalersi della norma contenuta nell’art. 91 del DL. n. 18/2020 che detta disposizioni in materia di ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici.

L’art. 91 del DL. n. 18/2020 prende in considerazione – seppure solo in materia di contratti pubblici – le conseguenze di un inadempimento qualora le stesse derivino dal rispetto delle misure di contenimento di cui al decreto e dispone che tale circostanza è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 (responsabilità del debitore) e 1223 (risarcimento del danno) del codice civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.  

In virtù di quanto sopra, il conduttore potrebbe, quindi, inviare al locatore una richiesta di sospensione o dilazione del pagamento del canone ovvero di riduzione dell’importo del corrispettivo, fermo restando che il locatore, come si vedrà anche di seguito, non è tenuto ad accogliere le richieste del conduttore.

 

  • Sul recesso dal contratto di locazione per gravi motivi 

 

Una soluzione percorribile potrebbe essere il recesso dal contratto di locazione, anche se in tale ipotesi il canone concordato nel contratto è, comunque, dovuto per il semestre di preavviso.

L’ultimo comma dell’art. 27 della Legge 392/78 che disciplina, infatti, i contratti di locazione ad uso non abitativo, dispone che “indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata”. 

Secondo l’orientamento giurisprudenziale, i gravi motivi che legittimano il conduttore a liberarsi in anticipo dal vincolo contrattuale devono essere determinati da avvenimenti estranei alla sua volontà, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, tali da renderne oltremodo gravosa la prosecuzione; tale “gravosità” va intesa in senso oggettivo e non può risolversi in una unilaterale valutazione effettuata dallo stesso conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locatizio, dovendo piuttosto consistere in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie, idoneo ad incidere significativamente sull’andamento dell’azienda stessa globalmente considerata (cfr. Cass. Civ. Sez. III civ. n. 23639 del 24 settembre 2019). 

Tuttavia la soluzione avrebbe come conseguenza la cessazione dell’attività del conduttore; cosa, evidentemente, non auspicabile al momento, nella prospettiva che la crisi emergenziale conduca a una difficoltà solo temporanea e tale da poter essere superata alla conclusione dell’emergenza sanitaria. 

 

  • Impossibilità sopravvenuta 

 

L’art. 1256 cod. civ. dispone che “L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile”.

L’impossibilità, per poter rilevare ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore, deve essere oggettiva, imprevedibile, assoluta ed insuperabile. 

Tra le ipotesi di impossibilità che assumono rilievo ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore rileva il c.d. “factum principis”, ossia l’ordine o il provvedimento dell’autorità amministrativa sopravvenuto e imprevedibile e che renda, appunto, impossibile la prestazione. 

I  provvedimenti  governativi che  hanno disposto la  chiusura di tutte le  attività commerciali considerate non essenziali potrebbero costituire  una particolare ipotesi di impossibilità temporanea e parziale di  eseguire la prestazione in relazione ai contratti di locazione visto che in tali casi, nonostante  la disponibilità materiale del bene, il conduttore non può godere dei locali per tutto il periodo coperto dal divieto di svolgimento dell’attività per il cui esercizio l’immobile è stato locato. 

Per tale ipotesi si potrebbe far richiamo al secondo comma dell’articolo 1256 c.c. che dispone che “il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia, l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla”. 

Pertanto, in caso di impossibilità temporanea, cd. parziale, il rapporto contrattuale verrebbe a trovarsi in uno stato di “quiescenza” e l’obbligazione del debitore potrebbe essere sospesa senza che egli possa essere ritenuto responsabile del ritardo nell’adempimento. 

In ogni caso il conduttore non sarebbe liberato dall’obbligo di pagamento del canone che, al termine dell’emergenza, tornerebbe esigibile per intero, quindi anche con riferimento al periodo di impossibilità temporanea.

Infine si evidenzia che i rimedi connessi all’impossibilità sopravvenuta di una prestazione non possono essere autonomamente applicati dal conduttore, bensì, in assenza di accordo con il locatore, dovranno essere fatti valere in sede giudiziale..

  • Eccessiva onerosità sopravvenuta

L’articolo 1467 c.c. prevede che “nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”. 

Inoltre, la facoltà di offrire una modifica delle condizioni spetta unicamente al creditore della prestazione divenuta eccessivamente onerosa e, pertanto, nel caso di specie, al locatore, mentre il conduttore può domandare unicamente la risoluzione del contratto. 

Quindi, il conduttore può chiedere al giudice la risoluzione del contratto di locazione, a condizione che riesca a dimostrare che la sospensione o chiusura al pubblico dell’attività esercitata nei locali condotti in locazione per ordine dell’autorità connessa a esigenze pubblicistiche di contenere la diffusione del contagio da COVID-19 abbia caratteristiche tali da incidere, irrimediabilmente, sull’equilibrio contrattuale delle parti, rendendo la prosecuzione del rapporto eccessivamente onerosa. 

Il locatore, ricevuta la domanda di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, può evitare la risoluzione offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto di locazione, proponendo, pertanto, di ridurre l’importo del canone di locazione (la c.d. offerta di riduzione).  

***

Alla luce di quanto sopra il conduttore, unilateralmente:

  • non può sospendere il pagamento del canone 
  • non può ridurre l’importo del canone 
  • non può rimodularne le scadenze senza un accordo, in tal senso, con il locatore.

Tuttavia non si esclude che, in virtù dell’obbligo di buona fede nell’esecuzione del contratto (art. 1375 cod. civ.) le parti possano liberamente concordare, sospensioni, riduzioni o posticipazioni del pagamento del canone, rinegoziando le modalità e i termini di pagamento del canone, considerata l’eccezionalità della situazione.

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